Una norma esplicativa del favor rei è l’articolo 587 c.p.p. secondo cui “nel caso di concorso di più persone in uno stesso reato, l’impugnazione proposta da uno degli imputati, purché non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche agli altri imputati”.
Tale norma mira ad evitare disarmonie di trattamento tra soggetti in identica posizione, taluno dei quali abbia proposto con esito favorevole valida impugnazione, e opera in presenza di situazioni comuni su più imputati.
L’estensione dell’impugnazione si presenta, quindi, come rimedio straordinario, idoneo a revocare il giudicato in favore del non impugnante, quando il coimputato impugnante abbia avuto riconosciuto, in sede di giudizio conclusivo del gravame, un motivo non esclusivamente personale.
E’ stata tale norma ad ispirare la Corte d’Appello di Napoli che, il 24 settembre 2015, ha pronunciato sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati di furto e lesioni personali, commessi in concorso da due soggetti condannati in primo grado, non solo nei confronti del coimputato appellante, ma anche nei confronti del coimputato non appellante, già condannato con sentenza definitiva.
La Corte ha ritenuto che il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del non impugnante non fosse di ostacolo all’estensione, nei suoi confronti, della declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione, considerato che l’unica condizione prevista dall’art. 587 c.p.p. per la preclusione dell’effetto estensivo dell’impugnazione sia la natura strettamente personale dei motivi di impugnazione.
Contro tale pronuncia, il Procuratore Generale ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo, invece, che l’interpretazione adottata pregiudicherebbe la certezza del giudicato.
Pertanto, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penali, con la sentenza 24 gennaio 2018, n. 3391, ha affermato il principio secondo cui “l’effetto estensivo ex articolo 587 c.p.p. della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione non opera in favore del coimputato concorrente nello stesso reato non impugnante se detta causa estintiva è maturata dopo la irrevocabilità della sentenza emessa nei confronti del medesimo”.
Tale sentenza ha finalmente risolto il contrasto interpretativo relativo all’art. 587 c.p.p. .
Infatti, secondo un primo orientamento (cfr. Cass. n.9 del 24.03.1995 Cacciapuoti – Cass. n. 19054 del 20.12.2012 Vattani), la declaratoria di estinzione del reato non può essere pronunciata anche nei confronti del coimputato non impugnante, se il giudicato di colpevolezza si è formato nei suoi confronti prima del verificarsi dell’effetto estintivo.
Il ragionamento posto alla base di tale orientamento discende dal fatto che la causa estintiva legata al decorso del tempo non può essere qualificata come “comune” ai coimputati potendo la stessa prodursi per effetto di una molteplicità di fattori soggettivi, influenti sul tempo del processo, determinati da diverse scelte dei coimputati (sul rito o sulle impugnazioni) o da una diversa situazione personale (es. la presenza della recidiva per alcuno di essi).
Secondo altro orientamento (cfr. Cass. n. 33429 del 12.05.2015 Guardì – Cass. n. 10223 del 24.01.2013 Mikulic), l’estensione, al coimputato non impugnante, della prescrizione del reato, per effetto dell’articolo 587 c.p.p., si produce anche quando detta causa estintiva sia maturata successivamente al passaggio in giudicato della sentenza nei suoi confronti, poiché l’unica condizione preclusiva all’effetto estensivo dell’impugnazione è costituita dalla natura strettamente personale del motivo di impugnazione della sentenza di condanna.
Le Sezioni Unite, partendo da un’interpretazione letterale dell’art. 587 c.p.p., secondo cui “l’impugnazione proposta da uno degli imputati, purché non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche agli altri imputati” ha escluso che, parlando la norma di “imputati” e non di “condannati”, l’effetto estensivo possa riguardare i coimputati non impugnanti per i quali la causa estintiva sia maturata dopo l’irrevocabilità della sentenza di condanna pronunciata nei loro confronti.
Considerando, poi, che la prescrizione si fonda sull’esigenza politica di evitare l’irrogazione di sanzioni penali dopo un determinato lasso di tempo trascorso dalla commissione del fatto senza che si sia pervenuti ad una pronuncia nel merito del processo e risente inevitabilmente delle scelte “personali” compiute dall’imputato in ordine al comportamento processuale, che può essere connotato sia da un’inerzia totale sia da un dinamismo processuale diretto a prolungare i tempi del processo, si è giunti alla conclusione che “l’effetto estensivo di cui all’articolo 587 c.p.p. riguarda questioni o situazioni oggettive concernenti il processo, sostanzialmente uguali (“comuni”) per tutti gli imputati coinvolti” e, pertanto, tale effetto non può applicarsi nel caso di prescrizione, poiché il verificarsi di questa nel corso del processo dipende da scelte individuali ed è legata anche alle situazioni personali degli imputati.
In altre parole, “l’effetto estensivo della pronuncia di prescrizione non può riguardare chi ha rinunciato ad avvalersi dello “scorrere del tempo” in quanto “l’opzione del coimputato impugnante di protrarre il procedimento configura una scelta processuale “esclusivamente personale” non collegata a vizio di procedura nel comune procedimento ovvero al merito della comune accusa”.
Solo quando l’effetto estensivo della prescrizione si sia verificato prima del passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del coimputato non impugnante si può sostenere, secondo la Suprema Corte, che la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione operi in suo favore, poiché in tal caso non è intervenuta la cesura della sentenza irrevocabile che segna il limite di ogni possibile computo del tempo di prescrizione.
Francesco avv. Innocenti
Claudia dott.ssa Peppe