Con sentenza del 19.2.2015, il Tribunale di Roma, III Sezione Civile, dott. Garri, condannava una società al pagamento di una somma, a titolo di indebito oggettivo, che le era stato corrisposto erroneamente in esecuzione di un contratto di cessione d’azienda.
La parte acquirente chiedeva di aver diritto alla restituzione della maggior somma di denaro, corrisposta in seguito ad un contratto di acquisto di azienda, in quanto aveva versato una somma superiore alla società venditrice, in relazione al prezzo concordato in sede contrattuale.
La società venditrice, invece, riteneva esserci stata una evidente simulazione parziale sul contenuto del contratto definitivo, riguardo al prezzo, rispetto a quello che era stato fissato nel contratto preliminare.
Il giudice, conformemente ad un consolidato orientamento della giurisprudenza, accoglieva la domanda della società acquirente.
Il contratto definitivo rappresenta l’unica fonte di diritti ed obblighi, in quanto l’unico obbligo nascente dal contratto preliminare è la stipulazione del contratto definitivo.
La presunzione di conformità del contratto definitivo a quello preliminare può essere vinta solo dalla prova scritta di un accordo posto in essere dalle parti, dal quale risulti che il contenuto del preliminare sopravvive al contratto definitivo.
In sintesi, il pagamento di somme “in nero”, previsto dal contratto preliminare, non trova alcuna tutela giuridica, se non viene riprodotto nel definitivo.
Con la casella PEC è piena l’atto va rinotificato.
La Corte di cassazione, con ordinanza n. 2193 del 24 gennaio 2023, ha stabilito sulla questione del perfezionamento della notifica a mezzo PEC che nel