Sempre più attuale è il problema dell’autodifesa. L’esempio classico, è quello di un esercente (barista, ristoratore, tabaccaio, commerciante etc etc) che si difende con una pistola, sparando, ad un soggetto armato entrato nel suo bar con l’intento di compiere una rapina.
Cosa rischia legalmente il titolare del bar per essersi difeso con la sua pistola, regolarmente denunciata, dall’azione del rapinatore ?
L’istituto della legittima difesa è uno dei più controversi dal punto di vista interpretativo perché, un istituto sorto per tutelare il soggetto più debole (cioè l’esercente: barista, ristoratore, tabaccaio, commerciante etc etc) spesso diventa il presupposto per istaurare un giudizio penale nei confronti di una persona che ha solo tentato di difendersi.
Iniziamo, spiegando che la legittima difesa è una causa di giustificazione del reato, il cui verificarsi determina la mancata configurazione della fattispecie di reato.
Svariate sono le teorie che accompagnano questo istituto.
Le più autorevoli sono:
– quella della delegazione, risalente al Manzini, nella quale lo Stato delega al privato il compito di difendersi, essendo operazione impossibile per lo Stato medesimo;
– quella del bilanciamento di interessi, secondo cui nella legittima difesa ci sarebbero due interessi in contrapposizione, quello dell’aggressore e quello dell’aggredito (cioè nel caso di specie, l’esercente: barista, ristoratore, tabaccaio, commerciante etc etc) e lo Stato sceglierebbe di dare prevalenza a questo ultimo.
È bene sapere che la norma di riferimento è l’articolo 52 del cod.pen., che così recita:
“Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.
I presupposti della legittima difesa sono,come ribadito nella sentenza n. 7119 del 22/12/2015 della Cassazione Penale “in primo luogo, oltre all’offesa ingiusta, l’attualità del pericolo, che ricorre quando vi sia una situazione di aggressione in corso e la cui cessazione dipende necessariamente dalla reazione difensiva, come atto diretto a rimuovere la causa di imminente pericolo” per evitare una lesione di un diritto proprio o altrui tutelato dalla legge. L’offesa è ingiusta quando si riferisce ad azioni od omissioni contrari a precetti dell’ordinamento giuridico o da questo non espressamente autorizzati.
Per quanto riguarda invece la reazione del soggetto aggredito, (cioè nel caso di specie – come detto – l’esercente: barista, ristoratore, tabaccaio, commerciante etc etc), essa deve essere necessaria e proporzionata all’offesa ricevuta e si pone cronologicamente nei termini dell’immediata prossimità dell’offesa.
La reazione è necessaria quando la difesa è l’unica scelta possibile per il commerciante, in base alle condizioni in cui si verifica l’offesa e alle reali alternative di salvaguardia a disposizione dell’aggredito, è proporzionata, invece, secondo la giurisprudenza maggioritaria, quando il male inflitto all’aggressore-rapinatore è inferiore, eguale o tollerabilmente superiore al male da lui minacciato.
La proporzionalità è un elemento molto delicato, infatti non a caso l’articolo 55 del c.p., riferendosi all’eccesso colposo, afferma:
“ Quando, nel commettere alcuno dei fatti previsti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.”
C’è eccesso colposo di legittima difesa quando viene meno l’elemento della proporzionalità, nel senso che non c’è la volontà di commettere un reato ma c’è una reazione eccessiva all’offesa ricevuta, come sottolinea nella sentenza n. 90 del 30.04.2015 anche la Corte d’Appello di Trento quando afferma che “l’eccesso colposo si distingue per un’erronea valutazione del pericolo e dell’adeguatezza dei mezzi usati”. In questo caso è il soggetto che si è difeso (cioè nel caso di specie, l’esercente: barista, ristoratore, tabaccaio, commerciante etc etc) a dover provare le circostanze che hanno determinato la sua reazione e la presenza dell’elemento della proporzionalità, che sarà valutata discrezionalmente dal giudice sulla base di circostanze oggettive, come confermato dalla sentenza n. 47177 del 22.10 2015 della Cassazione penale secondo cui “L’accertamento relativo alla scriminante della legittima difesa reale o putativa e dell’eccesso colposo deve essere effettuato con un giudizio “ex ante” calato all’interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie da esaminare, secondo una valutazione di carattere relativo e non assoluto ed astratto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, cui spetta esaminare in maniera oggettiva gli elementi fattuali antecedenti all’azione difensiva, senza tener conto degli stati d’animo e i timori personali che possano aver indotto l’agente ad un errore circa la reale portata dell’aggressione o della minaccia nei suoi confronti”.
Proprio al fine di evitare pericolosi scivoloni giudiziari a favore del “rapinatore” il legislatore è intervenuto con la legge n. 59 del 2006 che ha aggiunto all’articolo 52 del c.p. due commi, inerenti alla c.d. legittima difesa domiciliare o allargata. L’articolo così recita:
“Nei casi previsti dall’articolo 614 (violazione di domicilio), primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o la altrui incolumità:
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.
La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.”
In questi casi la legge ha stabilito una sorta di presunzione legale del requisito di proporzionalità tra difesa ed offesa. Si tratta, però, di un’ipotesi speciale di legittima difesa che richiede, oltre ai requisiti di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 52 c.p., anche i requisiti di cui al comma 1, con la conseguenza che il giudice dovrà sempre accertare la sussistenza del pericolo attuale, dell’offesa ingiusta e della inevitabilità della reazione difensiva.
Quella che, infatti, doveva essere una modifica tesa a garantire al privato una difesa più efficace nel proprio domicilio o nel proprio luogo di lavoro, in realtà si è rivelata come un rimedio poco efficace, perché la legge richiede sempre i presupposti dell’attualità dell’offesa e della inevitabilità dell’uso delle armi come mezzo di difesa della propria o dell’altrui incolumità.
La conseguenza è che la reazione a difesa dei beni è legittima solo quando non vi sia desistenza e sussista un pericolo attuale per l’incolumità fisica dell’aggredito (cioè nel caso di specie, l’esercente: barista, ristoratore, tabaccaio, commerciante etc etc)o di altri. Ciò è stato confermato dalla Cass. 28802/2014 in riferimento ad una condanna in appello e in primo grado di un proprietario di casa che aveva ucciso un ladro entrato insieme ad altri nella sua abitazione di notte, sul presupposto che non fosse in corso un’aggressione personale, in quanto i ladri, una volta scoperti, si stavano allontanando con l’auto rubata e quindi non esistesse “attualità del pericolo”. La Corte ha precisato che la norma dell’articolo 52 comma 2 non rappresenta una sorta di “licenza di uccidere”, ma vale solo a precisare e definire meglio i contorni della figura quando la legittima difesa è esercitata all’interno del proprio domicilio.
Da quanto sopra esposto si capisce la delicatezza della situazione in cui si può trovare un privato o un esercente, barista, ristoratore, tabaccaio, commerciante etc etc), che tentando di difendersi, rischia l’istaurarsi di un processo penale a suo carico.
Bisognerebbe, quindi, per una modifica efficace e concreta dell’istituto, spostare l’attenzione non tanto sulla minaccia al patrimonio del privato o dell’esercente, barista, ristoratore, tabaccaio, commerciante etc etc ma sulla minaccia alla persona e alla sua privacy che merita un’attenzione preminente, visto che il danno più sentito dalla vittima è la violazione della sua sfera personale e l’attentato alla propria e altrui incolumità.
dott.ssa Claudia Peppe avv. Francesco Innocenti
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