La Corte costituzionale, con sentenza del 4 marzo 2022 n. 54, ha stabilito ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 31 e 117, comma 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 34 CDFUE, così come concretizzato dal diritto europeo secondario, dell’art. 1, comma 125, della legge n. 190 del 2014, nella formulazione antecedente alle modificazioni introdotte dall’art. 3, comma 4, della legge n. 238 del 2021, e dell’art. 74 del d.lgs. n. 151 del 2001, nel testo antecedente all’entrata in vigore dell’art. 3, comma 3, lett. a), della legge n. 238 del 2021, nella parte in cui escludono dalla concessione – rispettivamente – dell’assegno di natalità (c.d. bonus bebè) e dell’assegno di maternità i cittadini di Paesi terzi che sono stati ammessi nello Stato a fini lavorativi a norma del diritto dell’Unione o nazionale e i cittadini di Paesi terzi che sono stati ammessi a fini diversi dall’attività lavorativa a norma del diritto dell’Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002.
Questo perché, nel condizionare il riconoscimento dell’assegno di natalità e dell’assegno di maternità alla titolarità di un permesso di soggiorno in corso di validità da almeno cinque anni al possesso di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e alla disponibilità di un alloggio idoneo, il legislatore ha fissato requisiti privi di ogni attinenza con lo stato di bisogno che le prestazioni in esame si prefiggono di fronteggiare.