Un cliente di un istituto di credito si avvedeva che dal proprio conto corrente erano state prelevate da ignoti € 250,00.
Entrato immediatamente in agenzia, lo stesso otteneva un nuovo estratto conto, maggiormente dettagliato, dal quale risultavano ben 21 operazioni da lui non effettuate.
Il cliente provvedeva, pertanto, all’immediato blocco della carta ed a sporgere presso gli uffici della Questura di Viterbo denuncia-querela contro ignoti.
Dopo aver contestato l’estratto conto nel termine di legge, il cliente conveniva in giudizio la Banca presso l’Arbitro Bancario Finanziario per ottenere il rimborso delle somme indebitamente sottratte.
La banca contestava la richiesta ritenendo violati, da parte del ricorrente, gli obblighi contrattuali di diligente custodia della carta separatamente dal codice segreto. Secondo l’attore – cliente, invero, la Banca aveva violato gli artt.artt. 1710 co.1 e 1176 co.2 c.c. dal cui combinato disposto si ricava l’obbligo da parte dell’istituto bancario di adottare, nell’esercizio della propria attività, una diligenza adeguata alla sua condizione professionale e alla natura dell’attività stessa (diligenza dell’accorto banchiere, secondo la definizione coniata dalla Suprema Corte di Cassazione nella sentenza 13777/2007).
La fattispecie è regolata secondo le regole generali dall’art. 1218 cod. civ. (responsabilità contrattuale) nonché, nello specifico, dal d.lgs. n. 11/2010, che ha recepito nell’ordinamento italiano la direttiva n. 2007/64 CE sui servizi di pagamento nel mercato interno.
Ora, a tenore dell’art. 7 co.1 lett. b) del sopracitato decreto legislativo l’utilizzatore abilitato all’utilizzo di uno strumento di pagamento ha l’obbligo di “comunicare senza indugio al prestatore di servizi di pagamento o al soggetto da questo indicato lo smarrimento, il furto, l’appropriazione indebita o l’uso non autorizzato dello strumento non appena ne viene a conoscenza. Il successivo co.2 del medesimo art. 7 stabilisce poi che “l’utilizzatore non appena riceve uno strumento di pagamento, adotta le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati che ne consentono l’utilizzo”.
La Banca, nel ritenere di aver adottato ogni misura idonea ad evitare la clonazione della carta, ha contestato al cliente di non aver verificato le operazioni compiute con la carta clonata che, in ogni caso, sarebbero avvenute in un arco di tempo piuttosto lungo e nell’area area geografica di residenza dello stesso titolare.
Tale condotta, secondo la Banca, sarebbe strana, dovendosi ritenere che, secondo l’id quod plerumque accidit, a fronte di una sottrazione / clonazione di carta, i prelievi avvengono in rapida successione ed in un arco temporale di pochi giorni.
L’ABF di Roma ha ritenuto – in modo a dir poco salomonico – di dover compensare le responsabilità tra banca e cliente al 50 % ritenendo che:
> la banca NON avrebbe adottato tutte le precauzioni dovute a salvaguardia del cliente, non avendo imposto al cliente l’attivazione del servizio sms alert;
> il cliente NON avrebbe usato la diligenza dovuta in virtù del lungo lasso di tempo trascorso tra la prima e l’ultima operazione contestata ed in ragione dell’area territoriale ove si sarebbero svolti i prelievi.
La decisione dell’ABF appare censurabile sotto vari profili e risente della natura conciliativa che ispira lo stesso ABF.
La banca ha già provveduto al pagamento del dovuto in favore del cliente
Con la casella PEC è piena l’atto va rinotificato.
La Corte di cassazione, con ordinanza n. 2193 del 24 gennaio 2023, ha stabilito sulla questione del perfezionamento della notifica a mezzo PEC che nel