Il 24 novembre 2010 è entrata in vigore la Legge Delega 183.
Questo testo di legge – denominato “”Collegato lavoro“” in quanto, per l’appunto, “”collegato“” alla Finanziaria 2010 – è stato introdotto per il perseguimento di due importanti obiettivi: il deflazionamento della giustizia ordinaria e l’esigenza di dare maggiore certezza ai rapporti giuridici in materia di lavoro.
Interpretato in tali termini l’intento del Legislatore ben si comprendono, dunque, le novità introdotte con la predetta Legge delega.
Tra queste, sicuramente una delle più importanti è senz’altro costituita dal venir meno dell’obbligatorietà del tentativo di conciliazione nei rapporti di lavoro.
L’articolo 31 del Collegato, infatti, riformula il testo dell’articolo 410 del codice di procedura civile e rende il tentativo di conciliazione da obbligatorio a facoltativo.
Prima della modifica introdotta da tale norma, infatti, chiunque intendeva ricorrere al Tribunale per il riconoscimento di qualsivoglia diritto connesso al rapporto di lavoro – sia esso di natura subordinata che para-subordinata – doveva obbligatoriamente esperire, ai sensi dell’art. 410 del codice di procedura civile, un tentativo di conciliazione innanzi ai competenti Uffici della Direzione Provinciale del Lavoro.
L’espletamento di tale tentativo, o comunque il decorso del termine di 60 giorni – decorrenti dalla presentazione della domanda – richiesto dalla legge ai fini del suo espletamento, costituiva, una c.d. condizione di procedibilità della domanda giudiziale la cui mancanza determinava, per l’appunto, l’improcedibilità del ricorso e, di conseguenza, la sospensione del giudizio e la fissazione, da parte del Giudice, di un termine perentorio per la propositizone del tentativo di conciliazione.
Ad oggi, tale procedura, in un’ottica di semplificazione e riduzione del contenzioso, è venuta meno.
Il testo dell’articolo 410 del codice di procedura civile, dunque, così come novellato dalla Legge 183 del 2010, stabilisce che “”chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall’art. 409 cod. proc. civ. può promuovere […] un previo tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione“”.
È, tuttavia, opportuno evidenziare che l’introduzione di tale facoltà è stata accompagnata da una rigida procedimentalizzazione della conciliazione.
Infatti, la parte che intendesse far ricorso a tale strumento dovrà seguire determinate modalità analiticamente indicate dal richiamato art. 410 cod. proc. civ. che trova applicazione esclusivamente alla conciliazione da tenersi presso la Direzione del Lavoro e non anche alla conciliazione in sede sindacale.
In particolare, l’istante dovrà consegnare e/o spedire a mezzo lettera raccomandata con ricevuta di ritorno l’istanza di conciliazione, debitamente sottoscritta in originale, alla competente Direzione Provinciale inviandone contestualmente una copia all’altra parte.
L’istanza dovrà essere caratterizzata da un determinato contenuto, ovvero dovrà contenere:
le generalità dell’istante e del convenuto,
l’indicazione del luogo ove è sorto il rapporto di lavoro o dove ha sede la società o la dipendenza presso la quale l’istante ha prestato la propria opera al momento della cessazione del rapporto di lavoro,
l’elezione di domicilio dell’istante,
l’esposizione dei fatti e delle ragioni poste a fondamento della domanda.
Nel momento in cui la parte convenuta riceve l’istanza – e qui sta la più importante innovazione introdotta dalla L. 183/2010 – ha la facoltà di:
non accettare la procedura di conciliazione e, dunque, in tal caso ciascuna delle parti può adìre l’Autorità Giudiziaria,
accettare la procedura di conciliazione.
In tale ultimo caso, la parte convenuta dovrà depositare entro 20 giorni dal ricevimento della richiesta di conciliazione una memoria contenente le sue difese, le eccezioni in fatto e in diritto nonché le domande riconvenzionali.
Ricevuta tale memoria, la Commissione nominata, entro 10 giorni dovrà fissare la convocazione delle parti la quale dovrà tenersi nei 30 giorni successivi.
Ove la conciliazione riesca, resta invariata la precedente normativa che prevedevala redazione del processo verbale di conciliazione, sottoscritto dalle parti e dai componenti della Commissione che può essere reso esecutivo dal Tribunale competente per territorio ad istanza di una delle parti.
Nel caso in cui le parti non raggiungano un accordo volto alla conciliazione della controversia, neanche sulla base di una proposta formulata dalla commissione, i termini della proposta vengono, comunque, inseriti nel processo verbale con espressa indicazione delle valutazioni espresse dalle parti.
Ciò costituisce un’importante innovazione della legge 183 soprattutto ove la si legga in stretta correlazione con l’articolo 414 del codice di procedura.
Tale norma, in particolare, disciplina la forma della domanda introduttiva del giudizio e prevede gli elementi che la stessa deve contenere e la cui mancanza ne inficia la validità.
Con la modifica introdotta dal Collegato lavoro, la parte che intenda proporre ricorso innanzi alla Magistratura del Lavoro dovrà, ai sensi della su indicata norma, non solo specificare in termini di fatto e di diritto le ragioni della propria domanda ma, altresì, allegare ai documenti le memorie contenenti il tentativo di conciliazione non riuscito in modo tale che il Giudice, in sede di giudizio, potrà tener conto delle risultanze della proposta formulata dalla Commissione e non accettata senza adeguata motivazione.
E’ opportuno evidenziare al lettore come sussista ancora oggi l’obbligo della conciliazione rispetto a tutti i rapporti di lavoro c.d. certificati (si tratta di rapporti oggetto della procedura di certificazione. Tale procedura è finalizzata ad attestare che il contratto che si vuole sottoscrivere ha i requisiti di forma e contenuto richiesti dalla legge).
Per tali contratti, infatti, sussiste l’obbligo di proporre il tentativo di conciliazione dinanzi alla Commissione che ha adottato il provvedimento di certificazione.
Con la casella PEC è piena l’atto va rinotificato.
La Corte di cassazione, con ordinanza n. 2193 del 24 gennaio 2023, ha stabilito sulla questione del perfezionamento della notifica a mezzo PEC che nel