La Corte di Cassazione, il 20 Marzo dell’anno corrente, si è pronunciata, con sentenza n. 6513, in merito alla eventuale responsabilità della banca per aver negoziato un assegno bancario, sul conto corrente del cliente, con firma di traenza falsa. Spetta al Giudice valutare se la banca abbia regolarmente eseguito il proprio compito. L’accertamento, quindi, è volto a determinare la diligenza dell’istituto bancario e, in particolare, la verifica si svolge in base ad un esame diretto sulla falsificazione, se essa sia o meno riscontrabile attraverso un esame diretto, visivo o tattile, dell’assegno da parte dell’impiegato o se la falsificazione sia riscontrabile soltanto tramite attrezzature tecnologiche non reperibili. I giudici di legittimità hanno ricordato che la banca deve premurarsi di avere un’attrezzatura tecnologica adeguata ai tempi e alle esigenze, mentre gli impiegati di sportello non sono tenuti ad avere una specifica competenza grafologica, nonostante debbano essere comunque in possesso di una minima competenza in materia. Come previsto dall’art. 1176, comma 2, c.c. la determinazione del grado di diligenza esigibile dalla banca deve modularsi in base alle condizioni del contesto storico in cui l’istituto di credito svolge la propria attività. La Cassazione ha quindi stabilito che il giudice ha il dovere di stabilire la valutazione circa la rilevanza della falsificazione dell’assegno, ma anche il tipo di riscontro che ne riveli la contraffazione.
Phishing: nella valutazione della colpa del cliente incidono anche le sue qualità soggettive
Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 1074 del 1° dicembre 2022, ha respinto la domanda di risarcimento del danno di un cliente vittima di