La Cassazione Civile, con sentenza n°5173 del 16/03/2015, ha chiarito che nella necessità di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo (ex art.3 della legge n.604 del 1966) deve essere dimostrato il bisogno di sopprimere un posto di lavoro o il reparto stesso a cui è addetto il singolo lavoratore, non essendo sufficiente come motivazione il ridimensionamento dell’attività imprenditoriale.
La stessa soppressione non può essere motivata dalla volontà di incremento del profitto ma dalla necessità di superare delle situazioni sfavorevoli.
Il lavoratore licenziato ha dunque il diritto di vedersi dimostrata l’effettiva necessità del licenziamento e l’impossibilità di essere reimpiegato in altre mansioni equivalenti a quella esercitata sino al momento del licenziamento.
Nella fattispecie il lavoratore licenziato aveva svolto le proprie mansioni anche successivamente la chiusura del proprio riparto, sicché non vi era reale necessità di licenziare l’uomo e chiudere il reparto dove egli lavorava.
Nel momento in cui il datore di lavoro provvede al licenziamento di un suo dipendente, per motivi che non siano riconducibili alla condotta del lavoratore, è necessario che possa dimostrare l’effettiva necessità del licenziamento e l’impossibilità di reimpiego del licenziato. La necessità che motiva il datore di lavoro deve altresì essere riconducibile a seri motivi economici che compromettano l’intera azienda di cui è a capo.
La prescrizione dei crediti di lavoro decorre sempre dal termine del rapporto
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 26246 del 6 settembre 2022, ha stabilito che la prescrizione dei crediti lavorativi decorre dalla conclusione del rapporto